Il ciclo di lavorazione per l’estrazione dell’olio di oliva praticato nei frantoi fino agli anni ’50 del secolo scorso, consisteva, in estrema sintesi, in tre fasi fondamentali: frangitura, pressaggio, decantazione (fasi, in sostanza, rimaste pressocché inalterate per millenni). La frangitura era eseguita mediante la mola olearia, mossa-attraverso una serie di ruotismi in legno – dalla ruota a coppi alimentata a energia idrica. Successivamente la pasta molita veniva riscaldata a bagno maria allo scopo di ottenere una migliore estrazione della componente oleosa; durante questa fase la pasta veniva continuamente rimescolata mediante vari sistemi manuali. Seguiva la fase di pressaggio, nel corso della qual la pasta veniva inserita entro i fiscoli (le cosiddette Sporte) collocati sotto il torchio. Il torchio era generalmente azionato da una lunga stanga in legno che muoveva la vite; vite in un primo tempo in legno, ultimamente sostituita da una vite metallica.
Nella successiva fase di decantazione il liquido, costitutito da acque di vegetazione e olio, confluiva in un pozzetto ove l’olio affiorava dopo un opportuno periodo (circa un’ora) per essere prelevato con un apposito strumento (a’ lècca) e introdotto nel recipiente di trasporto (in genere il quarto, di 16 litri, tradizionalemnte in legno) .
Nelle immagini: Un frantoio tradizionale, quello in località Molino, territorio di Missano, completamente recuperato e restaurato e facente parte degli ambienti museali.