Nel territorio castiglionese la coltivazione del grano si è sempre sviluppata – salvo qualche caso nelle zone di altura del versante destro della vallata – sulle fasce terrazzate, preparate per la semina mediante zappatura. L’uso dell’aratro -proprio per la particolare conformazione del territorio, e per la presenza di olivi e altri alberi da frutto che limitavano lo spazio di manovra – è sempre stato poco diffuso come pratica agricola.
La semina avveniva, a seconda della varietà di semente, fra la fine di settembre e la prima metà di ottobre: le varietà seminate erano principalmente quelle localmente chiamate “ Ricella” e “ Virgilio”.
La mietitura avveniva verso la metà di luglio, usando la falce messoria –“ a messùia” o “ u séigu” – tagliando lo stelo circa a metà della sua altezza, e lasciando quindi sul campo la parte basale – a stùggia – che veniva tagliata in una fase successiva; in alcuni casi lo stelo veniva sradicato per utilizzare la paglia in tutta la sua lunghezza per la copertura di tetti di cascine e fienili.
Le spighe veniva raccolte in “ manelle” legate con la stessa paglia, a loro volta raggruppate in covoni – “i covi” – lasciati per qualche giorno sul campo a seccare. Il grano veniva poi trasportato – in genere mediante carri trainati da animali o anche a braccia – sull’aia predisposta per la trebbiatura.